Morte commissario Anna Esposito: ecco le motivazioni depositate e la sentenza pubblicata dalla Cassazione

Nell’udienza dello scorso 24 marzo la Corte di Cassazione  ha rigettato il ricorso proposto dei familiari di Anna Esposito contro il decreto di archiviazione che il giudice delle indagini preliminari di Potenza aveva firmato senza nemmeno fissare l’udienza camerale, in cui le parti lese avrebbero potuto illustrare le loro argomentazioni contrarie.

Tale pronuncia chiude definitivamente l’inchiesta bis sulla morte della dirigente della Digos di Potenza, la cui vicenda era stata archiviata già una prima volta quindici anni fa e che le insistenze dei familiari avevano fatto riaprire, sulla base di una consulenza medica che sollevava più di un di una perplessità sulla compatibilità di un suicidio con la posizione in cui era stato ritrovato il cadavere.

L’inchiesta fu riaperta nel 2010 con un solo indagato, il giornalista della Rai, Luigi Di Lauro, che era stato legato alla Esposito da una relazione sentimentale, procedimento che si conclude con l’impugnata archiviazione disposta dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Potenza che accoglie la richiesta avanzata dal PM.

Secondo i consulenti del P.M., la morte di  Anna  doveva essere attribuita a suicidio per impiccamento, anche se la donna era stata verosimilmente fatta oggetto in precedenza di lesioni contusive alle quali il consulente del PM non ha  ritenuto di atribuirvi  un ruolo causale o concausale nella morte.

Secondo il G.I.P., anche se l’istruttoria suppletiva – richiesta dai familiari con l’atto di opposizione all’archiviazione –  avesse dimostrato che, contrariamente a quanto ritenuto dal P.M., la Esposito era stata strangolata, in ogni caso mancavano elementi idonei ed adeguati a collegare la morte di Anna alla persona di Di Lauro.

Il G.I.P. del Tribunale di Potenza infatti ribadiva che a carico di Di Lauro esistevano solo elementi di tipo congetturale e che il possibile incontro tra lui e l’Esposito la sera prima della morte della donna non costituiva elemento sufficiente ed idoneo per  dedurne la responsabilità per l’omicidio.

I familiari opponendosi all’archiviazione, richiedevano  come investigazione
suppletiva, l’escussione dei diversi consulenti (anche di quelli nominati in
occasione delle prime indagini) al fine di dimostrare: a) che la morte della
Esposito non era attribuibile a suicidio mediante impiccagione, ma a
strangolamento; b) che il cadavere presentava la frattura di quattro costole
derivata da percosse.

Proprio sul decreto di archiviazione del GIP di Potenza i giudici della I Sezione Penale della Cassazione il 24 marzo di fatto hanno confermato l’archiviazione, rigettando il ricorso proposto dai familiari, con sentenza n. 23359/2017, le cui motivazioni sono state depositate e pubblicate solo qualche giorno ovvero l’11 maggio.

Pur trattandosi di una sentenza di rigetto, estremamente interessante è dare lettura delle motivazioni, ovvero dell’iter logico-giuridico attraverso cui  il giudice di legittimità è addivenuto a confermare l’archiviazione.

Gli ermellini nel ritenere il decreto del GIP motivato con chiarezza ed in modo convincente sui perché sia stata  dichiarata  inammissibile l’opposizione, affermano che il giudizio del gip non è affatto basato sulla manifesta
erroneità o insostenibilità delle tesi scientifiche sostenute dai consulenti nominati
dalla persona offesa – e cioè l’omicidio –; al contrario, il Giudice non sembra affatto escludere che la loro escussione e quella dei consulenti del P.M. possa portare al convincimento che l’ipotesi dell’omicidio sia esatta.

Il gip ha ritenuto insuperabile allo stato degli atti, l’incertezza in ordine a due
circostanze: in primis che Di Lauro e la Esposito si fossero effettivamente incontrati la
sera precedente la morte della donna e che lo stesso fosse l’autore del (supposto) strangolamento.

Secondo la Cassazione il GIP ha fatto espressamente una “prova di resistenza”: ha ipotizzato che le tesi scientifiche sostenute dalla persona offesa risultassero provate e ha valutato il quadro probatorio nei confronti di Di Lauro in uno scenario in cui vi fosse certezza della morte per strangolamento e della frattura delle costole derivata da percosse.

Nonostante tali certezze, il gip le ha ritenute da sole non sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio, dal momento che rimangono insanabili le  incertezze sull’incontro del Di Lauro quella sera con la Esposito, sulla attribuibilità allo stesso delle lesioni riportate dalla donna prima della morte (reato comunque prescritto), e soprattutto sull’attribuibilità allo stesso dell’azione omicidiaria.

Il gip quindi non ha concesso le indagini suppletive perché le stesse non sarebbero state in grado di sanare le incertezze suindicate

La Suprema Corte ha riconosciuto la regolarità e la correttezza dell’operato del gip di Potenza, confermando il provvedimento di archiviazione e di conseguenza rigettando il ricorso che ne chiedeva l’annullamento.

Quello che emerge  immediatamente dalla lettura delle motivazione è un elemento decisamente rilevante: nella sentenza non viene data definitiva ed indubbia conferma ad ipotesi suicidaria, anzi la Cassazione evidenzia come lo stesso GIP  non esclude che Anna possa essere stata uccisa a mezzo strangolamento, ma ciò che supporta e legittima l’archiviazione è l’impossibilità di attribuire la morte di Anna alla responsabilità del suo ex fidanzato, unico indagato per la sua morte.

Carla Santoro

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