Viterbo. Crisi al Comune. Per i Cinquestelle ancora lunga è la strada per Palazzo dei Priori… Troppe timidezze e indecisioni ancora nel “Movimento” viterbese

La situazione politico-istituzionale a Viterbo è abbastanza drammatica: l’amministrazione comunale è in crisi, quella provinciale va avanti per inerzia, il pd è spaccato in due o più partiti, la destra cerca di ricompattarsi tramite Salvini, ma il compito non è facile, moderati di centro, destra e sinistra sentono il richiamo dei fioroniani Moderati e Riformisti, liste civiche di varia natura sono invece in evidente difficoltà. Un quadro che non promette nulla di buono in quanto ad innovazione e cambiamento, ma che potrebbe far virare la città sempre più verso un secolare conservatorismo neo-confessionale. L’unica forza estranea a questi giochi di perenne riciclo del solito establishment sono i Cinquestelle che, ragionando in soldoni, sembrano la sola formazione politica in grado di sconvolgere  e forse far ripartire il sistema. Bisogna vedere, però, fino a che punto il Movimento Cinque Stelle viterbese  è in grado di giocarsela la partita, in quanto a progetti alternativi per la città, strategie e convinzione nei propri mezzi. Rispetto a qualche tempo fa la situazione è sicuramente migliorata, lo stesso leader Gianluca de Dominicis sembra più convincente e sicuro nelle pubbliche uscite, anche se forse ancora privo di quel pizzico di sana, indispensabile “cattiveria” fondamentale quando le platee di riferimento si allargano; non per questo l’impatto dei Cinquestelle di Viterbo pare possedere ancora la forza d’urto necessaria ad aggiudicarsi una competizione elettorale. Troppo timido appare ancora il messaggio di sfida al sistema che continua ad essere  una delle caratteristiche principali dei pentastellati a livello nazionale: una sfida secca, talvolta provocatoria che con gli anni ha acquisito anche l’alternativa di governo lanciata al paese con credibile efficacia, troppo vellutati i toni usati dal portavoce De Dominicis che talvolta, anche in consiglio comunale, si dilunga in accenni di dialogo fin troppo ragionati e buonisti con le altre forze politiche, sembrando un politico onesto e preparato, ma senza la zampata vincente che fa il personaggio e poi il leader. Gli altri azionisti di contorno si segnalano per una lodevolissima voglia di pulizia morale e di meritocratica applicazione agli argomenti di cui si occupano, ma non riescono a venir fuori come sponde di ficcante  incidenza pubblica per il portavoce. E tutto rimane in un ovattato mondo parallelo, costellato di buone intenzioni e di sincera rettitudine, ma dall’incedere dopotutto ancora piuttosto fiacco ed indefinito. I Cinquestelle Viterbo hanno un portavoce in crescita, ma non possono lasciarlo al proprio destino, consegnarlo all’assolo temerario: devono creargli intorno un direttivo di potenziali numeri 2 di livello, un minimo di classe dirigente ed intellettuale, anche esterna, ma che divenga un riferimento per il Movimento,  ed una struttura di comunicazione più micidiale che potente, solo così potranno aspirare seriamente a combattere l’immobilismo oscurantista della politica viterbese. In questo caso anche la ricerca di un candidato sindaco vincente potrebbe essere non indispensabile, superata da una complessiva organizzazione funzionante; in mancanza di quest’ultima ogni pur spontaneo tentativo di partecipare all’agone elettorale con possibilità di successo diventerebbe pura accademia. Ma i Cinquestelle non hanno solo la possibilità, hanno l’obbligo di strutturarsi in breve tempo e di provarci con tutte le energie che hanno a disposizione: nel decadentismo generale della politica, piena di tristi revival e dei soliti clientelismi di ritorno, hanno un’occasione storica da giocarsi fino alla fine: ora come non mai.

Pasquale Bottone