Visti al cinema. “Fiore del deserto”, un lucido film-denuncia sul dramma dell’infibulazione

Un deserto pietroso in Somalia distante da Mogadiscio qualche centinaio di km è la scenografia di un film che si potrebbe definire un documentario tanto aderisce alla realtà..Si tratta di una storia realmente accaduta ad una bambina che a tre anni viene brutalmente mutilata dei suoi attributi sessuali. La donna in sud Africa è considerata dalla famiglia stessa una merce di scambio, se è bella rappresenta un piccolo tesoretto da vendere, come quarta o quinta moglie, di uomini vecchi, con denti ingialliti e con la pelle avvizzita e cadente, ma in grado di acquistarlo.In questo deserto pietroso dove persino le capre fanno fatica a reggersi in piedi mentre vengono munte, inizia la storia Waris Dirie, ” Fiore del deserto”. E’ un film che vuole mettere luce sull’infibulazione,  quella terribile pratica antichissima, compiuta dalle “Mammane”. Per millenni i primi istanti di vita dell’uomo  si sono avvalsi dell’apporto di questa singolare figura di donna, considerata nei vari secoli come strega o fattucchiera. I suoi interventi venivano condotti con lamette spuntate o attrezzi appartenenti alle più terribili barbarie. La pratica dell’infibulazione per lo più adottata nell’Africa sub-sahariana  è un rito inalienabile di natura più culturale che religiosa,  risalente ai tempi degli egizi, degli etiopi e dei fenici, e operata soprattutto dagli islamici, consiste nell’asportazione della clitoride in tenera età. A causa di questa barbara tradizione, ancora oggi oltre 200 milioni di bambine nel mondo rischiano di morire in seguito alle infezioni, o alle emorragie che provoca. Salvo poi convivere tutta la vita con dolori atroci, l’impossibilità di provare piacere durante i rapporti sessuali e ancora il rischio della morte in caso di eventuale gravidanza. Waris (il suo nome tradotto significa “Fiore del deserto”) riesce a fuggire parzialmente da tutto questo, imponendosi come Top model di fama internazionale e facendosi promotrice presso le Nazioni Unite di una campagna di informazione a livello mondiale di queste barbarie ancora oggi, in molti paesi altamente praticate. La ragazza, riuscita a fuggire a Mogadiscio, con l’aiuto della nonna, si ritrova catapultata nel cuore di Londra, a piedi nudi e con un passaporto fasullo in mano. Nella capitale del Regno Unito incontrerà prima un’aspirante ballerina, Marylin, che, malgrado il primo incontro- scontro e la diffidenza di cultura e temperamento, diventerà la sua migliore amica e poi un celebre fotografo di moda, che saprà riconoscere in lei il potenziale di apparire sulle copertine di tutto il pianeta. Ma Waris ha un passato pieno di eventi traumatici con cui dovrà convivere. Imparerà a lottare per imporsi e raggiungerà il suo obiettivo. E’ un film dai toni aspri E dalle scene cruente, Ci  si deve aggrappare alla poltrona come lo si farebbe a quella di un giro sulle montagne russe, perchè il raccapriccio che si prova condividendo visualmente quelle immagini è violento e difficile da tollerare.Trionfa l’espressività di quel volto dalle mille sfaccettature di tristezza che aiuta a sopportare quel finale di “lieto fine” di questa personalissima vicenda, esaltata dalle cronache di tutto il mondo.