Un brutto week end referendario, per fortuna l’ultimo. La nota di Aldo Garzia

Sabato scorso di grande offerta politica a Roma. In un solo pomeriggio: bella e numerosa manifestazione delle donne contro la violenza di genere, corteo dei grillini per invocare il “no” al referendum, partecipato incontro referendario con Renzi nel nuovo Palazzo dei congressi (l’ormai famosa Nuvola all’Eur). Sullo sfondo l’eco della morte di Fidel Castro, uno dei protagonisti – comunque lo si giudichi – del secolo scorso, accompagnato da dichiarazioni provinciali dei leader politici e dai commenti d’occasione della stampa. A colpire nel weekend ancora una volta sono stati i toni contrapposti tra “no” e “sì” (per fortuna domenica prossima si vota). Qui interessano le motivazioni interne al centrosinistra, dal momento che la destra fa il suo mestiere ed è schierata compattamente per il “no”, convinta di poter dare una spallata al governo.

Nel campo variegato di sinistra-centrosinistra, Renzi è considerato all’origine di tutti i mali: liberarsene è ritenuta la precondizione di qualsiasi politica. Ma il premier c’entra qualcosa con gli annosi problemi della sinistra e del centrosinistra? L’attuale premier aveva i pantaloni cortissimi nel 1989, quando il “socialismo reale” andò in frantumi e ci fu “svolta” del Pci. Rifondazione comunista finì per nascere più su una spinta emotiva di resistenza che su un progetto di ripensamento  dell’esperienza comunista bisognosa di novità progettuali, organizzative e di innovative pratiche politiche. La rottura col   governo Prodi nel 1998 e le successive scissioni (Comunisti unitari, Pdci, Sel) sui temi del governo e della collocazione politica resero via via impraticabile l’ipotesi di un partito neocomunista non testimoniale. Al tentativo di Sel di avviare una controtendenza ha fatto pendant la navigazione perigliosa del Pd voluto da Prodi, D’Alema, Veltroni, Rutelli. La conquista del Pd da parte di Renzi – bene ricordarselo – è avvenuta solo tre anni fa, quando la frittata era stata fatta e per responsabilità di chi oggi lo vuole politicamente morto e sepolto.

Mentre la sinistra si divideva e tentava riaggregazioni, diventava intanto ancora più grave la crisi della politica italiana e iniziava a germogliare la fenomenologia che ha dato origine al Movimento 5 Stelle:  corruzione dilagante, separazione abissale tra istituzioni, attività politica e vita reale, opinione pubblica sempre meno interessata ai partiti, rancore come reazione alle stagioni militanti. La cosiddetta “antipolitica” – definizione sbrigativa come quella di “populismo” – ha così iniziato a dilagare senza che si adottassero le contromisure. Riforma della cultura politica e delle sue pratiche, questione morale non sono state ritenute priorità né da Renzi, né da altri. Ecco così che il grillismo – schierato all’unisono per il “no” – è diventato capace di tenere insieme spinte trasversali di sinistra e di destra.

Per invertire la tendenza, servono inventiva, determinazione e aggiornata cultura politica senza le quali può esserci l’ennesimo flop con conseguenze – perdipiù con Trump imperatore d’America – catastrofiche per un lungo periodo. Ma tutto questo ha poco a che vedere con il referendum del 4 dicembre. Se vince il “sì”, non ci sarà la “deriva autoritaria” che tanti paventano. Se vince il “no” ci saranno un nuovo governo, una nuova legge elettorale e presto nuove elezioni.

Aldo Garzia