Sono trascorsi undici anni dal giorno in cui il piccolo Tommy veniva strappato alla sua famiglia e ritrovato cadavere un mese dopo.
Vivo è il ricordo nella memoria degli italiani!
Erano circa le 19:30 del 2 marzo 2006, a Casalbaroncolo – tranquilla periferia di Parma – in un vecchio casale la famiglia Onofri sta cenando; sono mamma Paola, papà Paolo ed i loro figli. Sebastiano di 7 anni deve ancora finire di mangiare, mentre il piccolo Tommaso, detto Tommy, di appena 18 mesi, siede nel seggiolone , accanto alla mamma, ed ha già indossato il pigiamino.
All’improvviso va via la luce; poiché era già da qualche giorno che la corrente elettrica andava e veniva, sul tavolo erano già pronte le candele; Paolo ne accende qualcuna e si dirige verso fuori per riattivare l’interruttore generale, ma appena apre la porta viene respinto all’indietro da due individui con volto coperto, che fanno irruzione in casa.
Il più basso puntava un coltello alla gola di Paolo Onofri , mentre l’altro più alto e longilineo si avvicina a Tommy, che inizia a piangere e gli punta la pistola alla nuca.
I due volevano i soldi: era una rapina. Mamma Paola prende da un portafogli 150 euro e li consegna sperando che l’incubo finisse…ma non è andata così.
L’uomo più basso tira fuori un rotolo di nastro adesivo: gli Onofri vengono legati e costretti ad inginocchiarsi sotto il tavolo: sono attimi di panico e di terrore.
Ma la paura più grande diventa altra: perché non si sente più piangere Tommaso?
Il piccolo era stato sfilato dal seggiolone; due mostri senza volto l’avevano portato via.
L’allarme scatta immediatamente e nel giro di poco davanti al casale degli Onofri si riversa un paese intero; la notizia rimbalza nelle redazioni locali: hanno sequestrato un bambino, un fatto senza precedenti in Italia.
A far crescere l’apprensione sono le condizioni di salute del piccolo: Tommy è malato di epilessia.
A poche ore dal rapimento, le televisioni ripetono e moltiplicano l’appello dei genitori. Intanto gli inquirenti cercano di fare chiarezza: perché i due mostri hanno scelto proprio quel casale, quella famiglia, quel bambino?
Non si capiva se i due avessero già di mira il bambino, oppure se la rapina avesse preso ad un certo punto una piega diversa…insomma non si capiva quale fosse il disegno.
A parte le 150 euro, i due balordi non avevano portato via un bel nulla; se quello di Tommy era un sequestro, si trattava di un sequestro anomalo, anche perché gli Onofri non erano una famiglia benestante.
Paolo Onofri, 46 anni, era direttore di un ufficio postale a Parma, anche la moglie Paola, 43 anni, si occupava di servizi postali; la loro unica proprietà era il casale dove vivevano – di recente fatto ristrutturare – acquistato grazie ad un’eredità ed all’accensione di un mutuo.
L’Italia è con il fiato sospeso…tutti si mobilitano! Dalla signora Ciampi all’appello di Giorgio Panariello durante la conduzione del Festival, coinvolgendo anche il mondo del calcio con uno striscione durante la partita Parma-Livorno “LIBERATE TOMMASO”.
Finalmente a quattro giorni dal rapimento arriva una telefonata, ma a riceverla non sono né i genitori, né la Questura.
Dalla trasmissione Chi l’ha visto del 6 marzo 2006 <<ieri mattina mi sono recato in una pista di moto cross nel gretto del fiume Tanaro, abbiamo visto che c’erano degli indumenti accartocciati e c’era un pannolino ed un flacone di un medicinale, e poi degli indumenti piccolini, da bambino>> .
Le Forze dell’Ordine si precipitano subito sul luogo della segnalazione, ma la tutina ritrovata non viene riconosciuta dalla mamma convocata in Questura: non è di Tommy.
Mentre i carabinieri del RIS mettono i sigilli alle porte del casale, gli inquirenti scoprono che gli Onofri avevano un cane, Tody, che non si trovava più… qualcuno lo aveva fatto sparire due giorni prima del rapimento di Tommaso. Sarebbe stato d’intralcio nei concitati momenti di quello che ormai era un sequestro organizzato.
Vengono seguite diverse piste e anche i genitori di Tommy vengono messi sotto torchio; in particolare Paolo Onofri viene ascoltato per lunghe ore dagli inquirenti; la forte e particolare personalità del papà di Tommaso, il suo modo di dire e non dire, fa sorgere negli inquirenti il sospetto che possa sapere più di quello che dice.
A seguito di una perquisizione in un magazzino di sua proprietà, il ritrovamento di materiale pedopornografico comporta l’iscrizione di Paolo Onofri nel registro degli indagati. Da nord a sud lo sdegno… ma sulla vicenda ne verrà dimostrata l’estraneità.
Il 28 marzo la svolta: viene rinvenuta un impronta sul nastro adesivo utilizzato dai rapitori per immobilizzare gli Onofri; appartiene a Salvatore RAIMONDI, siciliano con precedenti, nonché amico di uno degli operai che avevano preso parte ai lavori di ristrutturazione della cascina della famiglia Onofri e cioè Mario ALESSI (nella foto), muratore pregiudicato che già in precedenza – ascoltato con gli altri dipendenti dell’impresa di ristrutturazione – aveva destato sospetti; nelle attenzioni degli inquirenti finisce anche la sua compagna Antonella CONSERVA.
E’ la pista buona: sono loro i mostri.
Dopo molte ore di interrogatorio, in data 2 aprile Mario Alessi confesserà: “non cercatelo più, è morto. E’ stato ucciso un’ora dopo essere uscito di casa”.
La dinamica del delitto è al tempo stesso incredibile e spietata.
Tommaso Onofri è stato rapito per volgare denaro: cinque milioni di euro che Mario Alessi, Salvatore Rimondi ed Antonella Conserva avevano intenzione di chiedere alla famiglia e che avrebbero diviso fra di loro.
Ma i due uomini dopo essersi dati alla fuga, braccati dalle forze dell’ordine, vennero presi dal panico, forse perché il bambino piangeva; << Entrambi i sequestratori, spaventati, convinti di non avere possibilità di scampo qualora avessero tenuto con loro l’ostaggio, repentinamente, senza dare spazio al controllo, alla logica e soprattutto ad un senso di umana pietà, persero la testa ed uccisero il povero bambino, divenuto un ingombro pericoloso ed incomodo, soffocandolo e percuotendolo con uno strumento non identificato, procurandogli …( mi fermo non vado oltre)>>, questo si legge nelle motivazioni del giudice.
Ergastolo per Alessi, 30 anni alla sua ex compagna e 20 anni a Raimondi con rito abbreviato.
Sarei sempre nella nostra memoria angioletto biondo…. chissà se da lassù qualcuno potrà perdonare la più atroce delle bestie: l’uomo.
Carla Santoro
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