40 anni fa il terribile terremoto del Friuli: ma poi la ricostruzione lì ha funzionato

Il problema quella sera sembrava essere solo il caldo, era dopo il tramonto quasi sera, gli orologi segnavano le 21. Era una calura estiva, una di quelle in cui persino le crinoline sembravano tessuti pesanti, strana e soffocante quella bolla rovente e irrespirabile. Era solo maggio, il 6 maggio 1976. Un clima talmente assurdo per quella stagione inspiegabile patire per quel motivo ingiustificato. Le persone si guardavano con aria interrogativa senza parole per non sprecare le forze. All’improvviso tutto fu chiaro, i cani cominciarono ad abbaiare, la terra tremò e inghiottì voracemente e in pochi secondi una intera comunità insieme alla sua cultura, al suo modo di vivere alle sue tradizioni, si! anche loro vennero spazzate via. Qualcuno pensò ad un bombardamento, forse era scoppiata una polveriera in qualche fonderia, in quei secondi non si capì quello che di li a poco fu chiaro a tutti, si trattava di terremoto. Saltarono le comunicazioni, nessuno riusciva a parlare al telefono, “linee troppo sovraccariche? si stavano chiedendo le persone”,solo qualche radioamatore sentiva qualcosa in lontananza, chi rispondeva dall’altro capo del filo parlava di polvere e fumo che oscuravano la vista. I bambini pensavano si fosse svegliato “l’Orcolat” non quello delle fiabe, ma quello che con quel nome si intendeva come il terremoto. Le comunicazioni ufficiali arrivavano dai telegiornali della sera,”C’è stato un tremendo terremoto in Friuli”. La mattina successiva nessun fraintendimento tutto era chiaro,”Il terremoto aveva squassato il Friuli, ovunque morte ,distruzione e case crollate, il sisma si era portato via una quantità infinita di vite umane”. Partì la solidarietà tra uomini ,in centinaia partirono per portare soccorso ,mentre i primi che arrivarono scavarono a mani nude, per cercare sotto le macerie persone ancora in vita. Vigili del fuoco, soccorso alpino, sindaci e volontari si organizzarono in squadre, tutti oggi sappiamo come funziona la macchina dei soccorsi, anche allora fu così. L’Italia è un terra fragile, ferita, umiliata e troppo sfruttata e ha cominciato a ribellarsi frequentemente mandando avvisaglie di questo tipo che il piu’ delle volte continuano a rimanere inascoltate. E gli “angeli del terremoto” piu’ di tutti noi lo sanno. Quell’anno fu Aldo Moro, allora Presidente del Consiglio a nominare un commissario straordinario per coordinare i soccorsi e cercare di salvare piu’ vite possibili. Avviare immediatamente la ricostruzione era una priorità. Per prima cosa dovette contare i morti, quasi mille, un terzo di quelli che abitavano allora il Friuli Venezia Giulia. Ma non era finita li, la scossa del 6 maggio mise in ginocchio il Friuli, quelle che arrivarono in settembre con lo sciame sismico completarono la distruzione. Il motto della politica di allora divenne un proclama politico, anzi un vero e proprio programma. Prima bisognava ricostruire le fabbriche per garantire il lavoro, poi le case, (per un pò le roulotte sarebbero andate bene) poi le chiese, per pregare ci sarebbe stato tempo. Tutto sarebbe stato ricostruito, tutto doveva tornare “dov’era e com’era” diktat del governo. A quarant’anni da quei tragici giorni si stima che tutto sia tornato a posto, i morti riposano nei cimiteri ,i paesi sono stati ricostruiti piu’ belli di prima. Oggi “L’Orcolat”non riuscirebbe a compiere una strage di quella portata, perchè la ricostruzione è avvenuta con criteri antisismici e controlli rigorosi. Rimane indelebile il ricordo di quell’esperienza tragica, che però ha forgiato il carattere della popolazione che abita quei monti. La costanza, la determinazione e la cultura dei friulani sono state di esempio per l’Italia intera. La presenza dello “Stato” si avvertiva, perciò veniva spontaneo rialzarsi e ripartire.

Maria Grazia Vannini