Ritratti. Una gelateria a Roma la sua finestra sul mondo e gli esodati il soggetto del suo lavoro…. Incontro con Gaspare Russo co-regista del cortometraggio “Canile”

Gaspare Russo, personalità istrionica e poliedrica, sfugge al tempo e allo spazio, poter definire il suo sguardo sulla vita, dopo quest’incontro sarebbe, un po’ come ingabbiare un’anima.

Non ce ne voglia il lettore se per conoscere Gaspare Russo sia necessario immergersi nelle sue rocambolesche risposte, nate da un confronto inesauribile, fotografia realistica e magica del suo essere, oltre che dall’energia che trasmette la visione, in privato, della sua opera.

Come nasce Canile: prima il titolo o l’opera?

“Nasce l’idea prima. E poi il gusto comune di un titolo evocativo ha trovato in Canile la dimensione. Il titolo nasce dal fatto che una sovrastruttura di ordine mentale divora la condizione naturale.  L’ essere indotto divora l’essere spontaneo.

Con chi nasce Canile?

“L’opera è mia e di Massimiliano Dagostino, l’abbiamo realizzata insieme. Siamo molto amici, la nostra prima opera vera. Di mio c’è il gusto grottesco, l’idea,  la caratterizzazione dei personaggi. Di suo: lo stile poetico, la ricercatezza dei dialoghi, l’accuratezza del montaggio”.

La camera è tutta Massimiliano Dagostino?

“Non tutta. Diciamo ci sono prevalenze. Ma  il sostegno artistico è comune: nulla passa se non trova l’accordo reciproco.

E, comunque avevamo due cameraman che hanno contribuito con la loro esperienza a creare stati d’animo, esaltati dal fatto che il  cast è composto al 50 % da gente comune  scelta da me, e conosciuta durante la mia vita accanto ai professionisti  Imma Piro Giancarlo Ratti, Matteo Belli, kastriot Shehi, Cristina Golotta e  Ilir Jacellari”.

Sei anche tu in Canile, la scelta di interpretare Stefano com’è nata?

“In realtà mi è toccato per una defaillance di un attore”.

L’umanità che racconti, gli ultimi, gli esodati, perchè fedeli allo Stato sono la metafora del rapporto uomo-animale oggi?

“Il potere politico rappresenta il Guinzaglio. Il Padrone ci è ignoto.

 Chi è oggi per te l’animale sociale?

L’animale sociale moderno è frutto di azioni indotte economicamente, piuttosto che di un naturale sviluppo “etnologico”.

Cosa diresti ad un esodato oggi?

Ad un esodato consiglierei di rivolgere il suo sguardo a monte: ai creatori di moneta.

In Canile è citato Pasolini, un omaggio ad un artista che ispira i tuoi lavori?

Le sue opere rappresentano un grande patrimonio ma cercherei di evitare la terribile associazione esclusiva e limitante del “pensiero di proprietà “.

Perle del pensiero si possono trovare ovunque sia in grandi artisti che chiuse nelle voci sussurrate di criminali detenuti in carcere.

Le idee si ascoltano a prescindere da colore, cultura, follia o razionalità.

In Canile il finale è aperto, magico, visionario, come reagisce il pubblico in sala?

Ammutolito.

Canile sta ricevendo numerosi Premi e selezioni Ufficiali  in Festival notorii, tra cui Cannes:un successo meritato, cosa significa nella tua vita questa pagina?

Nulla. Il premio è un riconoscimento all’arte e mai alla persona.

Continuerei a conoscere questa persona e artista interessantissimo e grazie alla sua disponibilità e apertura mentale avrò modo di confrontarmi ancora. Sperando che questo immaginario abbia suscitato un interesse nei lettori, mi piace lasciare Gaspare Russo su quella nuvola, la stessa da cui è salvo il mondo che osserva, tra un orecchio attento alle bolle di sapone e un sorriso in bianco e nero con cui ci restituisce la realtà che osserva.

Grazie Gaspare Russo per avermi aperto questa finestra sensibile e colorata e lasciato con  una domanda: la parola esodati, una metafora per fotografare questo contesto onirico e magico in cui viviamo tutti come persone?

Nadia Lisanti