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Nell’Italia della povertà in aumento la “dolce vita” è a Mantova

By L'Ora Legale · On 29 novembre 2016

La maglia rosa, tra le città italiane della “dolce vita” spetta di diritto alla nobilissima Mantova. Tutti proviamo un pochino di invidia nei confronti della città lombarda, paragonandola alla rapida discesa di quelle che una volta erano le eccellenze in cui abitavamo. L’ultima della classifica è Crotone, ma non desta scalpore. Negli ultimi anni un numero crescente di amministrazioni comunali ha promosso studi per valutare da cosa dipenda in realtà, vivere bene o male nelle proprie città di appartenenza, con l’intento di individuare i fattori su cui occorre agire per migliorarne la vivibilità. Gran parte degli studi convergono sui parametri da adottare per i confronti, che si basano sulla qualità delle infrastrutture, dei servizi offerti ai cittadini, l’estetica e la funzionalità dell’arredo urbano, la qualità dell’ambiente, che in parole povere significa ciò che respiriamo.

L’individuazione e la valutazione quantitativa dell’impatto di questi fattori sulla qualità della vita costituiscono importanti strumenti di supporto alle politiche locali, dove le buone amministrazioni svolgono in maniera eccellente i loro compiti. Le strategie di intervento non sempre sono efficaci nel rendere le nostre città più appetibili per vivibilità. A volte vengono perseguiti altri obiettivi, come per esempio, rendere una città più competitiva rispetto ad un’altra, oppure migliorarne l’immagine a livello nazionale o addirittura internazionale. Queste indagini, condotte a livello nazionale sono utili a valutare peculiarità e differenze dei singoli contesti urbani e possono costituire una fase per politiche atte a raggiungere gli obiettivi migliori, o quantomeno a porsi ad un buon livello nelle classifiche. Le due principali indagini sono pubblicate annualmente da Il Sole 24 Ore e da Italia Oggi. Entrambe sintetizzano il valore assunto da una serie di indicatori sociali relativi, per esempio, allo sviluppo della rete dei trasporti pubblici, alla fruizione dei servizi, alla presenza di aree verdi , di strutture sportive, ricreative e culturali. In queste analisi, il valore dell’indice della qualità della vita corrisponde a una media ponderata dei singoli indicatori, dove ogni voce ha un peso in positivo o in negativo,sulla base di un determinato criterio statistico. E qui casca l’asino nelle città italiane oggi, vivono al di sotto della soglia di povertà anche i lavoratori, non più solo i disoccupati, gli anziani o le famiglie numerose, anche quelle non necessariamente numerose,e soprattutto i giovani.

Quelli senza sogni, senza futuro, senza indipendenza economica, e nel caso la fortuna li abbia dotati di un lavoro non possono intravedere futuro roseo perchè non potranno contare su una pensione che li sostenga. È quanto emerge dal rapporto per il 2016 su povertà ed esclusione sociale in Italia, la Caritas ha pubblicato dati sconfortanti molto recenti. Il rapporto secondo le ultime statistiche, vede un milione e 582mila famiglie in povertà assoluta, cioè più di 4,5 milioni di individui. Parlando di povertà assoluta, si determina la forma più grave di indigenza, quella di chi non riesce ad accedere a quel paniere di beni e servizi necessari per una vita che possa essere definita tale. La crisi è iniziata nel 2007, l’ anno che ha anticipato l’inizio della crisi economica, e ha reso le persone povere in numero più’ che raddoppiato. La crescita della rovina delle famiglie italiane, è stata continua,ed è illusorio sperare in una a inversione di tendenza con i dati attuali. Il contesto nazionale vede ancora una volta il Mezzogiorno vivere la situazione più difficile, con l’incidenza più alta di disagio sugli individui in una costante povertà indissolubile. Tutta l’ Italia è in sofferenza, i livelli occupazionali risultano i più bassi registrati dal 1977. Dunque si potrebbe parlare di povertà in progresso e questo senza ombra di dubbio è un triste dato di fatto. I livelli di benessere, in modo particolare, se paragonati agli anni antecedenti la crisi economica, in soli otto anni, anche al nord e al centro hanno raddoppiato la percentuale di indigenti

Oggi accanto ad alcune situazioni che rimangono stabili o irrisolte in molti casi si evidenzia un aggravamento del nostro vivere. Nell’ immaginario collettivo diventare anziani significa, il più delle volte, andare incontro ad una fase della vita connotata da eventi negativi, specie a causa di pensioni che non garantiscono una vita dignitosa, eppure in Italia sono proprio loro a sostenere figli e nipoti privati del decoro di un lavoro. Gli anziani hanno rinunciato alle cure mediche, come molti altri cittadini che ritengono che la sanità sia un lusso che non ci si possa più permettere. Un interrogativo che rimane ancora senza risposta e che preoccupa con intensità sempre maggiore l’opinione pubblica nell’ultimo periodo, riguarda la massiccia immigrazione. Questo ineluttabile fenomeno migliora o peggiora le già precarie condizioni economiche italiane? Non esiste purtroppo una posizione universalmente accettata, ma è facilmente riscontrabile una certa dose di scetticismo circa un impatto positivo degli immigrati, nelle città italiane. Che si tratti di un dibattito televisivo o di una discussione tra amici al bar, la riluttanza nel considerare gli immigrati una risorsa potrebbe essere una realtà dove mettere ordine,per fare chiarezza ,su quale sia stato l’impatto reale sulla nostra economia, sull’integrazione e su tutti i fattori di sicurezza delle città, che possono incidere in maniera positiva o negativa, ma sempre determinante sul benessere della nostra vita.

Maria Grazia Vannini