Migliorare la vita: il latte è ancora essenziale, o è meglio non farne troppo uso?

Fin da piccoli ci hanno insegnato che bere latte è importante, soprattutto per le ossa. Informarsi non significa però prendere per buono tutto ciò che si sente, ma capire cosa si celi dietro ad ogni singola parola. Per esempio, l’allattamento al seno è essenziale per la crescita del bambino, ma spesso viene sostituito con l’alimento artificiale ed è questo l’errore più grave. Anche se in alcuni casi è una necessità, bisogna sapere che il latte in polvere è molto più ricco di proteine rispetto al corrispettivo materno. Studi scientifici hanno dimostrato che l’assunzione da parte del bambino di latte artificiale porta ad un rischio maggiore di soffrire di obesità in età adulta, rispetto ad un bambino allattato al seno. Infatti, l’aumento dell’apporto proteico nella dieta nei primi mesi di vita, favorisce l’effetto definito “adiposity rebound”. Questo fenomeno determina come l’incremento di questi nutrienti determini inizialmente una diminuzione del livello di adiposità nell’individuo prima del suo aumento effettivo, che si inizia a manifestare intorno ai 6 anni di età. Come fare allora? Proprio per l’alta concentrazione proteica, è consigliato diluire questo latte artificiale in modo tale che ci siano meno proteine nello stesso volume. Risolto dunque il problema dell’allattamento, è necessario sfatare un altro mito: nessuno studio prospettico ha mai documentato una benché minima riduzione del rischio di fratture ossee con il consumo di latte e formaggi, anzi! Alcuni ne hanno addirittura suggerito un aumento del rischio. Opinione comune è che gli adolescenti debbano ingerire latte per costruire una buona massa ossea che li proteggerà in un futuro, abbassando la probabilità di insorgenza di problemi ad essa legati. In realtà si è visto che, per ogni bicchiere di latte al giorno consumato fra 13 e 18 anni, si incrementa il rischio di frattura all’anca in età adulta, soprattutto nei maschi per i quali, ad ogni bicchiere assunto in età adolescenziale, aumenta di circa il 9% la possibilità di sviluppare tali patologie. Questo risultato dipende dall’elevata concentrazione di proteine che fa rilasciare calcio all’osso al fine di tamponare il pH acido da esse generato. Prima regola per prevenire le fratture ossee è dunque ridurre il consumo di carne ed aumentare l’apporto di vegetali, non di incrementare il consumo di latte e derivati! Atri studi evidenziano che donne che non abbiano mai bevuto latte dimostrino una minore possibilità di contrarre insulina-resistenza (anticamera del diabete) ed aumento di massa corporea. Le stesse donne inoltre, posseggono una maggiore concentrazione di colesterolo buono (HDL), rispetto a quelle che invece sono solite assumerlo. Gli effetti negativi di questo alimento non finiscono qua! Nel 2009, infatti, Melnik e collaboratori definiscono il latte come il motore delle patologie croniche tipiche dei paesi occidentali, quali malattie coronariche, diabete, cancro, ipertensione, demenza e allergie. Il gran consumo di latte infatti, induce una iperinsulinemia che porta alla sintesi dell’ IGF-1 o meglio conosciuto come ormone della crescita. Quest’ultimo interviene in molti processi quali: regolazione della crescita del feto, maturazione delle cellule T immunitarie nel timo, proliferazione cellulare, aterosclerosi, obesità, cancro e disordini neurodegenerativi. Quale è invece il nesso con il cancro? Si è detto che l’assunzione di latte possa provocare un aumento dell’indice insulinemico: in presenza di questa condizione si ha maggiore rischio di contrarre un tumore. L’insulina infatti stimola l’espressione di un oncogene chiamato mTOR che determina proliferazione cellulare, maggiore sintesi proteica e deposito di grasso. Questa via biochimica si è dimostrata essere sregolata in molti tipi di tumore. Per questo motivo, chi beve più latte ha nel sangue maggiori concentrazioni di IGF-1: chi presenta questi fattori di crescita a livelli più alti, come conseguenza ha un rischio più elevato di ammalarsi di tumori. In particolare si è determinata una maggiore suscettibilità a contrarre tumori della mammella, dell’intestino, della prostata, e dell’ovaio. Durante chemioterapia si consiglia, pertanto, di evitare il latte: le sue lattoalbumine infatti pare che siano responsabili proprio di questo aumento di insulina. Uno studio del 2013 afferma che donne che hanno avuto un tumore al seno e che consumano latticini possano avere più possibilità di recidive, mentre lo stesso alimento sembra invece proteggere dal cancro all’intestino. Quanto detto precedentemente non finisce qua! Altro ruolo negativo del latte si ha nell’eziopatogenesi dell’acne. L’aumento del livello di IGF-1 stimola l’attività di un enzima chiamato 5 alfa reduttasi, il quale converte il testosterone in diidrotestosterone permettendo la proliferazione dei sebociti. L’aumentata secrezione di sebo, prodotta da queste cellule, porta all’insorgenza ed al peggioramento dell’acne. Tutto ciò non vuole assolutamente demonizzare questo alimento. Il latte materno o, in alternativa, il latte artificiale (purché diluito), vanno fatti assumere ai neonati perché indispensabili per la crescita, ma non in quantità eccessive. Possono essere poi consumati anche in età adulta, magari un bicchiere, massimo due al giorno. Non bisogna, quindi, esagerare per non incombere nel rischio di contrarre serie patologie. Il latte non provoca automaticamente cancro in chi lo ingerisce, aumenta solo il rischio nei soggetti predisposti. Non è indispensabile per l’osteoporosi, può compromettere lo sviluppo di patologie cronico-degenerative ed in età adolescenziale inoltre, qualora vi siano determinati fattori genetici predisponenti, può provocare l’acne. Se si sceglie di consumarlo, in base anche ai propri gusti personali, è però raccomandato non assumere latte intero per l’alto contenuto di colesterolo e grassi. In conclusione, possiamo affermare che non è il latte il vero nemico dell’uomo, ma è l’uomo il vero nemico di se stesso. Infatti il latte di mucca che beviamo oggi non è uguale al latte di anni fa: il bestiame è nutrito non più con l’erba, ma spesso si somministrano ormoni (come estrogeni) o antibiotici (che noi inconsapevolmente assumiamo), per aumentare la resa e la velocità di acquisizione del prodotto finale da mettere sul mercato. E’ questo il latte che oggi mangiamo. In analogia con l’espressione “è la dose che fa il veleno” si può dire che, se assunto con moderazione, non è detto che generi cancro, malattia che come ormai è ampiamente dimostrato, non dipende solo dall’alimentazione, ma anche da fattori ambientali e genetici. Ma perché non prevenire, invece che curare, dato che molte evidenze scientifiche ne enfatizzano effetti potenzialmente negativi?

            FRANCESCO SERAFINI

Biotecnologo con laurea magistrale in Biologia Cellulare e Molecolare presso l’Università degli Studi della Tuscia e specializzando in “Scienza dell’Alimentazione e Nutriterapia” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Ha frequentato il corso di “Alimentazione pratica nello sportivo” e frequenta il corso di “Nutrizione ed integrazione nel paziente oncologico” presso Scuola di Nutrizione Salernitana. Si è interessato nella sua carriera universitaria di “Checkpoint immunologici e regolazione della risposta immune. Blocco del CTLA-4 come nuova strategia di immunoterapia tumorale” e di “A novel synthesis of bioactive Dopa-peptidomimetics by biocatalytic processes”.

Bibliografia

– F.Berrino – “Il cibo dell’uomo- la via della salute tra conoscenza scientifica ed antiche saggezze”   2016

– Lawlor D.A. et al – “Avoiding milk is associated with a reduced risk of insulin resistance and the metabolic syndrome: findings from the British Women’s Heart and Health Study” Diabet Med. 2005 Jun;22(6):808-11.

– Melnik B.C. – “Milk-the promoter of chronic Western diseases” Medical Hypothesis, 2009 72:631

– Kroenke C.H. – “High- and Low-Fat Dairy Intake, Recurrence, and Mortality After Breast Cancer Diagnosis”, JNCI, 2013, 105: 616