L’Italia di Renzi. Buonasera, va in onda la politica senza consenso…

Quello che caratterizza la nostra epoca, come tutte le epoche di crisi, è la scomparsa del consenso dalla scena politica. Perfino i più feroci imperatori romani facevano distribuire vettovaglie e organizzavano spettacoli gladiatori per guadagnarsi consensi. Perfino i re dell’ancient regime allestivano feste sfavillanti a beneficio dei sudditi, perfino il duce mandava i figli dei poveri nelle colonie. Perfino il grande consenso alla DC nel dopoguerra e per molti anni della prima repubblica nasceva da una politica di erogazione di benefici pubblici e privati.

Intendiamoci, nessuna apologia del voto di scambio ma la constatazione che il benessere dei “sudditi” non è al primo posto delle agende dei governi europei. Il sovrano, il presidente, il leader di una volta era amato anche in virtù dei risultati concreti del suo operato. Ed un grande leader sapeva bilanciare costi e benefici, sapeva bilanciare gli interessi, anche contrastanti, della sua base elettorale.

Ora no, non ci sono più soldi e quei pochi si tengono stretti e si spendono per foraggiare lobby e centri di potere autoreferenziali. Ai “sudditi” erogheremo solo narrazioni di realtà. Ed è questo il vero e profondo motivo della generale disaffezione alla politica. Fondamentalmente suona falsa.

I media fabbricano una realtà parallela che diventa più vera nel momento della sua massima finzione.

Diceva Brecht che quando il popolo, interpellato, dimostra di non pensarla come vorrebbero gli oligarchi al potere si preferisce cambiare il popolo che non la propria ideologia.

In Italia, dico sempre, l’unico giornale indipendente è la “Settimana enigmistica” e ben poco altro (L’ora legale, ad esempio). L’informazione credibile è quella che sfugge alla macchina infernale della costruzione del consenso.

Un tempo il consenso ad un partito veniva dato sulla base di un’appartenenza e l’appartenenza era tanto più sentita quanto più l’elettore vi sentiva rappresentati i suoi interessi o i suoi ideali.

Anche allora i partiti si guadagnavano il consenso con spregiudicatezza (specie i partiti i cui ideali fossero molto vaghi o annacquati) ma oggi, a differenza di ieri, i partiti pretendono consenso senza dare né benefit né appartenenza identitaria né tanto meno ideali. Lo vogliono gratis. Niente più posti al comune o licenze edilizie “facili”; al popolo si promette solo sangue, sudore e lacrime ma lo si fa, sia ben chiaro, unicamente per il suo bene. In quale baratro si precipiterebbe se vincessero gli “altri”? Gli altri chi? Ma naturalmente i populisti di destra e di sinistra.

Ogni governo si presenta come un baluardo all’apocalisse ed in nome di questo ci chiede di digerire tutto. E’ il mercato, bellezza! Prendere o lasciare. O precipitare nel baratro populista.

Il povero Carlo Marx aveva scritto che i filosofi, fino ad allora, avevano interpretato il mondo ma ora si trattava di cambiarlo. Ai suoi tempi, però! Non ora che viviamo nel “migliore dei mondi possibili” per dirla con Leibniz.

Se poi qualcuno, accendendo un telegiornale, sente un brivido attraversagli la schiena c’è sempre pronta la voce rassicurante di un sottosegretario che ripete suadente: “Il governo ci sta lavorando”.

E cullati da queste parole ci addormentiamo tranquilli. Popolo stai sereno a palazzo Chigi c’è chi lavora sodo, la luce alla finestra è sempre accesa. Non ci credete? Accendete la televisione!

Ai vari talk show, sempre più inguardabili, si è soliti invitare qualche esponente delle “opposizioni”, più rozzo e pittoresco è tanto meglio. Di solito lo si fa parlare mentre la telecamera inquadra i suoi interlocutori governativi mentre scuotono la testa come il maestro quando interroga lo scolaretto un po’ tonto o svogliato.

Se dice qualcosa di scomodo lo si interrompe continuamente fin tanto che qualsiasi filo logico di pensiero si dissolve come neve al sole. Però siamo tanto democratici, diamo parola a tutti anche ai molti che non se la meritano. Spesso si ha la netta impressione che l’oppositore sia lì per essere irriso come un contadino invitato dai nobili a palazzo.

Il consenso non si compra più è diventato obbligatorio. Certo 80 euro non si negano a nessuno ma i soldi “veri” si usano per sanare bilanci di banche mal amministrate, per sovvenzionare fondazioni emanazione di partiti, per finanziare giornali che nessuno legge ma che servono a mandare messaggi criptici a chi li deve ricevere, una specie di giornali-pizzini, pagati da noi tutti.

Il consenso è un optional. Se c’è bene, magari meglio ma se ne può fare anche a meno. I partiti sono fluttuanti, immateriali, intercambiabili.

Non ci sono più le sezioni dove la gente si riuniva a discutere. Twitter è quanto ci basta. Rispetto al famigerato ventennio si risparmia tanto marmo ed intonaco. Ohe, si deve stare nei parametri europei!E quindi sacrifici per tutti eccetto per quelli più uguali.

Tutto e il contrario di tutto. Ieri l’acqua doveva essere pubblica e domani chissà. Le trivelle? Contrari se si è all’opposizione e favorevoli quando si sta al governo, chiedere lumi alla Serracchiani in proposito.

Il mondo è liquido e mutevole. E se non siete convinti cominceremo ad agitare più forte lo spaventapasseri populista. Se non ci fossero leghisti, grillini, lepenniani e compagnia cantando bisognerebbe inventarli.

Gianvittorio Musante