Linguaggi. Il riconoscimento della Lis come lingua, lo strumento per custodire il nostro patrimonio figurato

Esiste un linguaggio che merita attenzione ed è quello figurato presente nelle poesie. In esse al potere evocatorio del suono si sostituisce quello delle immagini con un largo uso di figure retoriche, quali la metafora, l’iperbole, la litote, la perifrasi, l’allegoria, l’ironia, il sarcasmo, l’ossimoro, l’ellissi per citarne alcune,  che rendono al significato letterale del testo il contenuto evocativo del metatesto.  In italiano possiamo dire la parola mostro riferendoci ad un animale fisico in accezione negativa piuttosto che ad una caratteristica positiva di una persona perché eccelle in qualcosa. Questo valore del significato che sfuma in base al contesto senza alterarne la comprensione è l’indeterminatezza semantica in cui si riscontra maggiormente la differenza tra la Lis e l’italiano. Esempi:

Metafora: trasferimento di un vocabolo dal significato letterale a quello figurato: “in matematica sei un mostro, sei un dio, sei una volpe. Iperbole: espressione esagerata per mettere in risalto qualcosa: Non ti vedo da una vita. Perifrasi: si indica una cosa con un giro di parole, evidenziando le caratteristiche: il Bel Paese col sole. Ironia: si conferisce un tono particolare alle parole che ne fa assumere il significato opposto: Sei un genio!3 in matematica. Ossimoro: si usano due parole in contrasto tra loro per esprimere un concetto: fuoco amico, lucida follia, insostenibile leggerezza. Alcune espressioni idiomatiche in lingua dei segni suppliscono proprio all’uso del linguaggio figurato e si avvicinano a ciò che nella nostra cultura sono i proverbi o i modi di dire. Esempio: per dire che una persona è poco intelligente si usa il segno cervello acqua, per esprimere quanto valore ha una persona si può esprimere aggiungendo il segno oro o ancora per esprimere la fluidità nel segnato si aggiunge il segno olio, cuore nero per dire senza cuore, segno motore per dire che si parla velocemente.

I nostri modi di dire in italiano sono spesso ignorati dalla persona sorda perché nella comunicazione con la stessa evitiamo di esprimerli. E anche per questi in un certo senso sopperisce il senso idiomatico della cultura di provenienza sulla base del contesto in cui si esprime e della cultura di provenienza. In base alla provenienza culturale possiamo trovarci nell’imbarazzo di non conoscerle anche nel corrispettivo in italiano. Ci sono modi di dire che appartengono al francese o allo spagnolo, alcuni importati identici altri con piccole variazioni es: essere sulla stessa pagina diventa essere sulla stessa lunghezza d’onda tradurre, dunque il concetto di affinità, empatia come in Lis si adatta per lo più al contesto e all’interlocutore con esempi molto chiari e diretti e premurandosi di verificare attraverso il feedback o chiedendo di ripetere alla persona sorda per verificare l’esattezza del messaggio riportato.

Esistono modi di dire che appartengono solo alla comunità sorda per esempio: farsi la barba (facendo zzz con le labbra) che significa per un pelo; pidocchio che significa essere avaro; ciucciarsi il dito mignolo significa è una cosa molto facile; filo, sottile non farsi accorgere di nessuno. Inoltre oggi l’uso di internet e dei social network creano nuove frasi idiomatiche spesso legate al contenuto metaforico del gergo informatico es: cercare random, cioè cercare qua e là oppure scialla, stai sereno.

L’interprete come si comporta in queste situazioni?Se il corrispettivo non esiste nella lingua di uscita, che sia l’italiano o la Lis, l’interprete traduce in senso letterale e poi dopo offre il significato reale per consentire di non perdere il filo del discorso.

L’uso di internet e l’inserimento curricolare dei sordi ha arricchito il lessico sicuramente e determinato cambiamenti ancora suscettibili di ufficializzazione. Da dire che per Decreto ministeriale 23/06/1997 la Lis è stata inclusa nei raggruppamenti di Glottologia e Linguistica e Didattica delle Lingue Moderne.

Riconoscere la lingua dei segni come lingua avrebbe un senso anche per noi udenti, riuscirebbe a farci riconoscere quel patrimonio di tradizioni e modi di dire che forse solo grazie alla musica, oggi si riesce a mantenere ancora intatto, mentre basterebbe il confronto con la linguacultura delle persone sorde a farci reinterpretare anche i nostri detti: per dirla con Leonardo Da Vinci: “Impara l’arte e mettila da parte”.

Nadia Lisanti