Le indagini de loralegale.eu: gli omicidi Monni e Masala e la fuga rientrata di Paolo Pinna

Ancora la Sardegna protagonista delle recenti vicende di cronaca; proprio nei primi giorni di questo torrido agosto, mercoledì 9, le prime pagine dei quotidiani riportavano la seguente notizia: << Paolo Pinna – il 19enne condannato in primo grado a vent’anni per il duplice omicidio di Orune e Nule – evade dal carcere minorile di Quartucciu (CA). La sua fuga è durata un’ora e mezza; i carabinieri lo trovano in una chiesa – nella piazza centrale di Maracalagonis. Non avrebbe opposto resistenza>>.

Dalle prime ricostruzioni il giovane avrebbe sistemato una scala riuscendo a superare il muro di cinta. Sulle tracce di Pinna sono intervenute tutte le forze dell’ordine, con oltre 20 pattuglie in azione; diversi i posti di blocco, fino alla sua cattura alle ore 18:30 ad opera dei carabinieri della Compagnia di Quartu.

Ma chi è Paolo Pinna, così giovane e già gravato dal macigno di una così pesante condanna?

Paolo Enrico Pinna è stato condannato a 20 anni di reclusione dal Tribunale per i Minori di Sassari –  avendo 17 anni all’epoca dei fatti – in quanto ritenuto colpevole dell’omicidio di Gianluca Monni di Oruni, territorio di Nuoro, e di Stefano Masala di 28 anni, il cui corpo non è stato mai ritrovato.

Gianluca Monni, considerato da tutti un ragazzo perbene, educato e studente modello, aveva solo 19 anni quando la mattina dell’ 8 maggio 2015 fu ammazzato a fucilate a Orune, mentre aspettava sotto la pensilina l’autobus che avrebbe dovuto portarlo a scuola.

Una persona quella mattina riconobbe su una Opel Corsa grigio scuro che faceva avanti e indietro in continuazione Alberto Cubeddu, giovane di Ozieri.

L’auto su cui stava Cubeddu apparteneva a Stefano Masala, giovane 28enne di Nule scomparso la sera precedente. Alcune ore dopo l’omicidio Monni la sua auto venne ritrovata abbandonata e incendiata nelle campagne; ma di Stefano non si è mai saputo più nulla.

Una vicenda raccapricciante che assume contorni ancora più inquietanti in ordine al contesto in cui matura la volontà omicida; il movente del duplice delitto, affonda le sue radici in epoca antecedente  ovvero nel dicembre 2014, quando ad Orune si svolge la festa “Cortes Apertas”.

Per l’occasione arrivano anche i giovani del comune di Nule; tra di loro c’era anche  Stefano Masala. Erano in tre, Masala , un minorenne ed un coetaneo di Stefano.

Fu proprio a quella festa che l’allora diciassettenne, Paolo Enrico Pinna, cugino di Alberto Cubeddu, fece pesanti avances ad Eleonora, la fidanzata di Gianluca Monni.

Monni intervenne a difendere l’amata e dalle parole si passò subito alle mani; all’improvviso spunta una pistola. Secondo i testimoni Paolo Pinna, impugnando l’arma, ha per qualche istante tenuto sotto tiro Monni, ma è stato subito disarmato, schiaffeggiato ed allontanato dal locale insieme ai suoi amici di Nule, ma la pistola sparisce.

Pinna ha chiesto più volte che l’arma gli venisse restituita al punto che ne sono seguiti mesi di trattative che hanno coinvolto anche gli adulti, ma non è mai più rientrato in possesso.

Vengono coinvolti pure i genitori: il padre di Pinna, con l’unico obiettivo di rientrare in possesso di quell’arma che il figlio si portava in tasca, non solo contatta il padre di Gianluca Monni, ma insieme a suo figlio Paolo si reca a casa dei Monni con il pretesto di riappacificarsi ma con la reale intenzione di chiedere la riconsegna della pistola. La restituzione dell’arma continuò ad essere richiesta anche nei giorni successivi, con insistenza strana, quasi inspiegabile.

I carabinieri del Comando di Nuoro cercarono la pistola ovunque, senza trovare nulla, né riuscirono – a causa della diffusa omertà – a risalire a chi avesse disarmato Paolo Pinna nel locale da ballo di Orune.

Ben presto si giunge alla svolta delle indagini; il 24 maggio 2016 Paolo Pinna e suo cugino Alberto Cubeddu vengono arrestati con l’accusa di duplice omicidio premeditato, aggravato dai futili motivi, di sequestro di persone e di occultamento di cadavere (Masala, come detto, non è mai stato ritrovato).

Pinna e Cubeddu sarebbero stati incastrati dai dati incrociati tra tabulati e celle telefoniche; attraverso un lavoro di indagini senza precedenti, sono stati raccolti milioni di dati sul traffico telefonico, che hanno permesso di smontare gli alibi e addivenire alla corretta ricostruzione degli eventi.

Gianluca Monni è stato ucciso per vendicare un’offesa: questo il movente che per gli inquirenti ha spinto Pinna, minorenne all’epoca dei fatti, il quale era stato picchiato, umiliato e privato della sua pistola, da parte di Monni e dei suoi amici nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 2014.

Attraverso le intercettazioni è stata accertata la morte di Masala, che venne ucciso la sera del 7 maggio, allo scopo di rubargli la macchina e far ricadere su di lui le colpe dell’omicidio di Monni: quella sera Pinna, con l’inganno, fece credere a Masala di aver interceduto nei confronti di una ragazza affinché iniziasse una relazione sentimentale con lui; i due si incontrarono, uscirono in macchina assieme e di Masala si persero le tracce.

Con la Opel Corsa sottratta a Stefano, Pinna andò ad Orune assieme ad Alberto Cubeddu e i due uccisero Gianluca Monni.

Questi i fatti. Ritorniamo alla recente fuga di Paolo Pinna, nei cui confronti dovrà essere celebrato il processo d’appello avverso la sentenza di primo grado, con cui il 6 aprile 2017, il Tribunale per i minori di Sassari, accogliendo in toto la richiesta del massimo di pena avanzata dal PM, lo ha condannato a 20 anni di reclusione.

Dopo l’arresto per evasione, attraverso le notizie lette sui quotidiani locali  – “Confuso…”; “…sono evaso per non suicidarmi”; “…cercavo un barbiere”, appare verosimilmente calzante il tentativo di una strategia difensiva che punti  a far emergere una personalità fragile ed instabile.

Che un condannato pluriomicida sia rinchiuso in un carcere minorile – non in regime di sicurezza – ma detenuto come tutti gli altri, lavorando addirittura  all’interno della stessa struttura carceraria, è già un qualcosa di anomalo ed incomprensibile, ma addirittura arrivare ad attribuirgli uno stato confusionario che aprirebbe le porte ad una possibile  perizia psichiatrica…è pura utopia, una stonatura insanabile.

Il Gip del Tribunale per i minori di Sassari che ha mandato in carcere Pinna, ha ritenuto nell’ordinanza di custodia cautelare che lo stesso poteva uccidere ancora e se lasciato libero poteva inquinare le prove. Per il giudice, Pinna, minorenne all’epoca dei fatti, era un soggetto pericoloso, dalla personalità irascibile, che  con assoluta disinvoltura traduce in atti di violenza.

Credo che sia arrivato anche il momento di riflettere: probabilmente su questa tragica vicenda ci sono ancora elementi che debbono emergere e difronte alla morte di due giovani, l’essenza dell’essere civile richiederebbe un impegno concreto da parte di ciascuno di noi…. In che modo?

Ad esempio dov’è la famosa pistola scomparsa origine di questa immane tragedia?

(il mio personale riconoscimento per il coordinamento, la gestione e l’eccellente impiego delle risorse operative all’Autorità di P.S. dott. Paolo Fassari)

Carla Santoro