Inchieste. Ad un passo dalla verità. L’indagine per l’omicidio di Serena Mollicone ad una svolta. Lo conferma a loralegale.eu il padre Guglielmo

Inizia oggi con l’articolo che pubblichiamo di seguito la collaborazione con loralegale.eu  del giornalista-scrittore  Mauro Valentini. Redattore della rivista “Cronaca & Dossier Valentini è anche autore, tra l’altro, del libro inchiesta “40 passi, l’omicidio di Antonella Di Veroli”,  in cui  ripercorre le tappe di una storia di cronaca che ha appassionato l’opinione pubblica e che i giornali battezzarono come “il caso della donna nell’armadio”.

«Spero finiscano presto tutte le analisi e me la riportino qui. Serena manca ormai da sette mesi.» Guglielmo Mollicone non nasconde un cauto ottimismo riguardo all’accelerazione che le indagini per l’omicidio di sua figlia Serena stanno producendo. Da quel 22 febbraio di quest’anno quando i RIS hanno prelevato il corpo di sua figlia per portarlo nel laboratorio della dottoressa Cattaneo a Milano, l’inchiesta ha preso una via che pare portar dritti alla verità. E in questi sette mesi lontano dal cimitero di Arce, il corpo di Serena sta parlando, sta centellinando, a così tanta distanza da quell’assurda morte datata giugno 2001, qualche indizio importante. Ne sono convinti gli inquirenti, ne è convinto Guglielmo.

Le indagini sono state prorogate fino al prossimo anno e questo appare un tempo ragionevole per giungere ad un nome, a colui che quella mattina colpì Serena tramortendola per poi finirla, consapevole o meno non importa, con un sacchetto di plastica avvolto attorno al capo. Sono stati anni di indagini senza costrutto e di depistaggi di basso livello non solo criminale ma morale, che non hanno sfibrato la resistenza di chi ora in Procura indaga e del papà della ragazza.

In principio si portò a processo tale Carmine Belli, carrozziere dall’atteggiamento mai chiaro e mai chiarito, troppo ciarliero e dettagliato nel suo raccontare dei suoi avvisamenti di Serena quel giorno fatale, ma anche e soprattutto per quello scontrino trovato nella sua carrozzeria che riconduceva alla vittima. Un ritrovamento che apparirà poi nel proseguo delle indagini come un’altra misteriosa turbativa orchestrata ad arte da qualcuno.

E dopo quindici anni si riparte dallo stesso punto: Serena quella mattina andò nella caserma dei Carabinieri di Arce, forse per denunciare qualcosa o qualcuno, o più plausibilmente per avere un chiarimento con chi era all’interno. La vide arrivare il brigadiere Santino Tuzi, di turno quella mattina, che però non la vide uscire. Il sospetto degli inquirenti e la certezza di Guglielmo è che Serena sia stata fatta “accomodare” per così dire negli alloggi a disposizione del Maresciallo Mottola, comandante della Stazione e che lì sia accaduto l’irreparabile.

Santino Tuzi che nel frattempo è morto in circostanze misteriose  appena prima di verbalizzare quello che aveva visto quel giorno. Un suicidio si è detto, e archiviato come tale, ma così assurdo nella dinamica da indignare gli amici e i parenti del Brigadiere che anche loro, da anni, combattono a fianco di Guglielmo Mollicone per scoprire la verità.

Qual è la verità? Ad oggi tre sono gli indagati, i tre abitanti di quell’alloggio che è additato come possibile teatro dell’orrore: l’ex comandante, il Maresciallo Franco Mottola, suo figlio Marco e sua moglie Anna Maria. Tutti e tre in un “unicum” che si sospetta abbia agito d’impulso e poi abbia, con l’aiuto di qualcuno, occultato il cadavere nel boschetto dove poi è stata ritrovata, con modalità di composizione del corpo così maniacali e precise da far pensare ad una mano esperta e soprattutto militare.  Qualcuno che non è mai stato scoperto, nonostante la flebile traccia di DNA che ha lasciato sullo scotch usato per legare Serena. Un possibile complice che come tale ha distratto per anni le indagini, perché seppure sia certamente una figura centrale nel disegno criminale,  di fatto ha costretto chi indagava in precedenza ad una ricerca affannosa e senza risultato.

Dunque ci si affida ancora al DNA ma stavolta in modo mirato, perché forse il corpo di Serena ha delle tracce nelle unghie che potrebbero diventare prova d’accusa. «Se la trattengono ancora così a lungo a Milano probabilmente qualcosa hanno trovato, credo che attendono per compararlo con il DNA degli accusati» ci spiega Guglielmo al telefono: «è stato prelevato il DNA alle persone che in qualche modo erano contigui agli indagati e ad altri che frequentavano Serena.»

Uno dei casi più terribili della nostra storia giudiziaria quindi ha imboccato la strada della verità, una verità che potrebbe risultare logica e chiara come le circostanze hanno sempre fatto pensare senza mai un riscontro di prova certo e inoppugnabile. Una lotta in questi anni ad armi impari, ma Guglielmo è un uomo tenace, coraggioso, non si è mai fatto intimorire e sfiancare fin dai primi giorni, fin da quel giorno del funerale della figlia nella cattedrale di Arce, quando durante la cerimonia funebre fu prelevato dai Carabinieri e portato in quella caserma dei sospetti e trattenuto per ore a firmare documenti inutili. Ma lui non ha mai mollato, mai. Sempre disponibile con i media, sempre in prima linea, perché: « finché qualcuno continua a parlare di Serena il caso non potrà esser archiviato. E il giorno che finalmente verrà arrestato il vero colpevole, allora si che potrà riposare in pace.»

Il corpo di Serena nel laboratorio della dottoressa Cattaneo sta parlando. Ci sarà tempo per riposare in pace, oggi c’è da scoprire la verità.

Mauro Valentini