Giustizia. La riforma penale? Infruttuosa, troppi pochi fondi per la la macchina giudiziaria

“La riforma penale? Nella migliore delle ipotesi è inutile, se non dannosa”. In calce l’autografo di Piercamillo Davigo, presidente dell’Associazione Magistrati. Gli fa eco da Messina Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto da sempre in prima fila nella lotta ai mafiosi. Al centro della polemica tra togati e governo la prescrizione e l’allentamento delle misure restrittive nei riguardi di boss e affiliati a organizzazioni malavitose. Una polemica antica che ripropone lo scontro tra i cosiddetti “garantisti” e “giustizialisti”, uno scontro nel quale anche i media – a seconda degli interessi e delle amicizie degli editori – giocano un ruolo non trascurabile. E’ del resto noto che – con la penuria di editori puri e con la propensione alla genuflessione di molti giornalisti – dietro ogni punto, virgola o aggettivo possono nascondersi interessi di parte più o meno cristallini. Detto ciò la dicotomia garantista-giustizialista in un Paese adulto non dovrebbe avere diritto di cittadinanza in quanto superata dalla celerità dei processi e dalla certezza della pena. La vera riforma dovrebbe contemplare la velocizzazione della macchina giudiziaria. Un provvedimento del genere vanificherebbe la lite sui tempi della prescrizione e gli equilibrismi e le capriole di ben pagati avvocati, equilibrismi e capriole finalizzati non all’assoluzione dei propri clienti,  ma all’estinzione del processo. E non a caso la casta del Parlamento di velocizzare i processi non vuol sentire parlare. C’è chi in questi giorni rispolvera l’ipotesi-Ponte, nessuno che pensi a dotare di più soldi la macchina giudiziaria. Si parla a vanvera delle ferie dei magistrati e non si guarda al degrado in cui versano gli uffici dei tribunali. Le cose stanno così, quello proposto negli ultimi mesi è un film già visto, è una riforma che non produrrà frutti. E come in passato la spunteranno i soliti furbi oggi graziosamente definiti “garantisti”.

Marino Marquardt