Cibi, occhio alla cottura! E’ lì il potenziale rischio per la salute umana

A chi non piace il pane tostato, quel gusto di croccante, l’odore del caffè, il fritto? In pochi si discosteranno dal non dare una risposta affermativa, ma non tutti sanno cosa c’ è dietro a questo e a che tipo di rischio quotidianamente siamo esposti. Il 4 giugno 2015 l’ EFSA (European Safety Food Authority) ha pubblicato la sua prima valutazione completa dei rischi da acrilammide negli alimenti. Questa molecola è un prodotto chimico che si forma da una reazione che avviene ad alte temperature, maggiori per lo più di 120°C, tra gli zuccheri riducenti e gli aminoacidi (per lo più uno, definito asparagina) presenti negli alimenti. La concentrazione di questa sostanza dipende dal tipo di alimento, da temperatura e tempo di cottura e dalla quantità di asparagina presente.

Se alte concentrazioni di questa molecola dannosa si riscontrano a seguito di una cottura alla griglia o nella frittura, la bollitura ed il microonde sembrano, invece, meno propensi a generarla.

Il meccanismo in cui si ha formazione di acrilammide, viene definito reazione di Maillard  ed avviene, come accennato, in modo spontaneo, dando vita a prodotti odorosi, molto apprezzati ed attraenti per il palato. Non è in realtà un processo unico, ma possiamo generalmente riscontrare tre fasi: la prima produce la degradazione di determinati aminoacidi; la seconda genera prodotti odorosi tipici del cibo cotto e, l’ultima, prevede la formazione di molecole che lo imbruniscono. La chimica che c’è dietro a questo processo non è ancora del tutto conosciuta.

Quantità di acrilammide sono state trovate in patatine fritte, biscotti, crackers, crostini di pane, cereali usati nella prima colazione, patate arrosto, pop corn, caffè ecc.

La IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato le sostanze in quattro gruppi sulla base del potenziale rischio di induzione di cancerogenicità, dimostrato da studi scientifici di laboratorio ed epidemiologici.

Nel gruppo 1 troviamo i carcinogeni umani certi, nel 2A i probabili per l’uomo, nel 2B i possibili, nel 3 le sostanze non classificabili come carcinogene e nell’ultimo le probabilmente non carcinogene. Già dal 1994 i membri dello IARC posizionano l’acrilammide tra le sostanze del secondo gruppo. Alimenti come patate, chicchi di caffè, frutta secca e cacao contengono un grande quantitativo di asparagina libera, principale protagonista ed effettore della “reazione di Maillard”. Nel momento in cui sottoponiamo tali cibi a condizioni atte a stimolare questo meccanismo, promuoviamo la formazione della corrispondente acrilammide. Cosa determina l’esposizione quotidiana di questa molecola al nostro organismo? Come tutti i composti chimici, nel momento in cui vengono ingeriti, generano un effetto che può essere, a seconda della loro natura, positivo o negativo. Siamo ormai nell’epoca della nutrigenomica, scienza che studia come il singolo nutriente (non l’alimento) e/o altri composti bioattivi prodotti possano influenzare la trascrizione e traduzione di determinati geni. Da studi condotti su animali si è visto come l’acrilammide sia da decretare come agente mutageno a tutti gli effetti ed un probabile fattore di rischio per la salute umana nello sviluppo di cancerogenesi. Con il termine di rischio si intende la probabilità che un determinato evento si verifichi. Più pericoloso è l’agente con cui l’organismo entra in contatto, più alto è il rischio che tale evento negativo si verifichi e maggiore sarà la gravità del danno. Un agente mutageno è un elemento chimico, fisico o biologico, in grado di alterare la struttura genetico-molecolare del nostro DNA. Quest’ultimo è formato da coppie di nucleotidi, ben definite, tenute insieme da interazioni intramolecolari chiamate legami idrogeno. Alterare uno di questi nucleotidi significa cambiare la struttura chimico-fisica di questa macromolecola biologica. L’accumulo di mutazioni, nel corso del tempo, può azionare meccanismi di cancerogenesi in ogni individuo. Tali mutazioni conducono in modo irreversibile allo sviluppo di cancro. Una volta ingeriti gli alimenti amidacei, l’acrilammide viene rapidamente assorbita e distribuita ai vari tessuti. Una parte di essa viene detossificata mentre la restante viene convertita in glicidammide, la quale lega il DNA provocando un danno. Studi scientifici infatti, dimostrano che animali da laboratorio sottoposti ad acrilammide per via orale, presentino un rischio di generare tumori molto alto. Nell’uomo le prove risultano ancora limitate e discordanti. Complessivamente, però, possiamo affermare che il potenziale mutageno e cancerogeno di tale molecola generi danni tossici a livello sistemico, anche se si rilevano preferenzialmente nel sistema nervoso e riproduttivo. Se è vero che è la dose a fare il veleno, quale è la quantità massima giornaliera tollerabile di acrilammide? Non si è ancora stabilito un vero e proprio valore, ma si è visto che le quantità di questa molecola sufficienti per dar luogo a tumori o a danni nel sistema nervoso sono molto inferiori rispetto alla dose cui quotidianamente siamo esposti. Cosa fare quindi? Si consiglia di evitare cotture prolungate a temperature molto elevate non superando mai i 170-180°C, preferire cotture leggere e bollire le patate prima di friggerle in modo da ritenere acqua contrastando la formazione di acrilammide, non conservare le patate in frigorifero (si favorisce l’aumento di zuccheri che possono dare luogo alla reazione di Maillard), usare per lo più oli (extra vergine di oliva) che presentino un elevato punto di fumo piuttosto che olio di arachidi, di semi e di mais, limitare l’imbrunimento del cibo (più il colore è scuro, maggiore è la quantità di acrilammide).

Ultimamente, per fortuna, si può affermare che le grandi multinazionali stiano ottimizzato i loro processi per abbassare il livello di composti indesiderati negli alimenti, resta da fare ancora molto però nel quotidiano e nelle piccole aziende, per poter tutelare ancor di più la salute umana. Anche se non ci sono prove certe nella correlazione incidenza di tumori-dose di acrilammide, possiamo certamente affermare che ci sia un campanello di allarme. Perché allora continuare a farsi del male? La nostra alimentazione ci offre una variegata scelta di alimenti e più volte, in vari studi epidemiologici e di laboratorio, è stato dimostrato come la dieta mediterranea (patrimonio dell’UNESCO) sia ricca di sostanze (contenute per lo più in legumi, frutta e verdura) dall’attività antiossidante, vera e propria arma di lotta contro queste gravi patologie contro cui combattiamo. E’ consigliato quindi limitare l’ingestione di cibi fritti e grigliati ricordando che, qualora si vogliano assumere, è necessario abbinarli nel pasto a frutta e verdura, al fine di limitare il possibile pericolo. Informare significa far conoscere, conoscere significa capire dove si sbaglia e, qualora si assuma questa consapevolezza, agire in modo diverso per tutelare la nostra salute.

Francesco Serafini                                                                                                  

Francesco Serafini è un Biotecnologo con laurea magistrale in Biologia Cellulare e Molecolare, attualmente specializzando in “Scienza dell’Alimentazione e Nutriterapia” presso l’Università della Tuscia e specializzato in “Alimentazione e Sport” presso la Scuola di Nutrizione Salernitana. Si è interessato di “Checkpoint immunologici e regolazione della risposta immune. Blocco di CTLA-4 come nuova strategia di immunoterapia tumorale” e di “A novel di synthesis of bioactive Dopa-peptidomimetics by biocatalytic processes”