Baudelaire, 150 anni dalla morte del “poeta maledetto”

Sta per arrivare il 150 esimo anno dalla morte, e nonostante il tempo sia trascorso in maniera indissolubile, potremmo definire Baudelaire un personaggio eterno. Quell’uomo costruito sui tormenti, quelli che fecero in modo che la sua vita ribelle lo rendesse unico e inimitabile, il “genio dell’eccesso”. Chissà se questo accadde per la sua estrazione di nascita? Molti se lo chiedono ancora, era figlio di un sacerdote, a cui le regole piacevano ad ogni costo, ma questo “padre” lo lasciò orfano a soli sei anni e la madre giovanissima sposò un secondo uomo a cui Baudelaire non concesse mai stima, fiducia o simpatia. Il rapporto con la madre fu conflittuale dall’infanzia e la relazione gli impose una grave sofferenza accompagnata da un tormento dal quale fu sempre dipendente, ma gli inculcò la consapevolezza che l’amore porta con se un fardello pesante di dolore, spesso inevitabile. Il poeta crebbe come tanti ragazzi tra ire inconfessabili e malcelate solitudini, in un abisso soffocante.

Conseguì il diploma scolastico con qualche difficoltà e la molla della cultura scattò quando Charles si appassionò alla letteratura, quel mondo virtuale lo fece aderire perfettamente al regno degli esponenti Bohèmien, che di certo lo influenzarono ma gli fecero anche intraprendere un tenore di vita molto al di sopra delle sue possibilità economiche. Cominciò a frequentare le prostitute che gli lasciarono in eredità gonorrea e sifilide. Il suo stile di vita non piacque alla famiglia e la madre decisamente imbarazzata decise di allontanarlo da casa, senza ripensamenti acquistò per lui un biglietto di sola andata su una nave diretta a Calcutta. Approfittando di qualche attracco e di poche soste, Baudelaire fuggì per tornare da dove proveniva, la Francia. Era un appassionato di esotismo, che sviluppò in maniera viscerale tanto da rifletterlo nei suoi componimenti lirici. Giunse alla maggiore età senza pubblicare una sola riga, la sua fama però fece breccia negli ambienti letterari e anche e soprattutto in quelli mondani, dove era considerato un “Dandy”, affascinante e scialacquatore indomito dilapidò l’intero patrimonio lasciatogli dal padre, fino a subire una causa di interdizione nel 1843.

Una cosa accadeva e l’altra la seguiva, infatti contemporaneamente ai guai di vario genere, riuscì ad affermarsi come critico d’arte e giornalista. “Les fleurs du mal”era in stato embrionale, ma ebbe una prima e approssimativa stesura. Nel 1942 conobbe ” La venere nera” alias Jeanne Duval, un’attrice ballerina, con lei inizio una vita amorosa travolgente, tumultuosa, travagliata e produttiva, infatti larga parte di quello che scrisse, era riferito a Jeanne, musa ispiratrice di “A una signora Creola” pubblicato nel 1846. Seguì questa donna fino alla morte che avvenne per aver contratto la sifilide. Sempre in quegli anni a causa dello stile di vita fuori dagli schemi, Baudelaire avrebbe potuto godere del successo delle sue pubblicazioni, ma la depressione vegliava sulla sua esistenza e dopo una grave crisi di nervi tentò il suicidio per la prima volta, ce ne fu una seconda. Nei 1847 debuttò scrivendo la sua novella, che rimase prima ed ultima esperienza del genere, intitolata “La Fanfarlo”, la pubblicò con uno pseudonimo “Charles Dufays” con cui descrisse se stesso, con le stesse sue caratteristiche e i riferimenti perfettamente riconducibili a lui, ma lo fece attribuendosi il nome di “Samuel Cramer”, anche tra quelle pagine impersonava un poeta fiero del suo lavoro, coinvolto nel corteggiamento di una vecchia amica d’infanzia molto lusingata dell’attenzione di lui e disposta a coinvolgerlo nelle sue intime e piccanti confidenze. Gli raccontava le pene subite nell’infelicità coniugale, i tradimenti del marito con una procace attrice, e Samuel intromettendosi nella vicenda cavalleresca, cercò di riordinare i ruoli, rimettendo ordine alla storia. Come a volte capita però, le cose prendono pieghe inattese e contrarie a ciò che ci si potrebbe aspettare e gli intrighi crescevano moltiplicandosi,anzichè evaporare. Baudelaire, nascondeva sotto la ricercatezza del dandy un uomo d’azione, pertecipò ai moti rivoluzionari di Parigi, ma la politica gli causò nuovi guai, questa volta con la giustizia, dopo la pubblicazione di “Les fleurs du mal” nella versione definitiva, fu accusato anche dall’opinione pubblica di aver offeso la morale comune e il buon costume, fu condannato a pagare un’ammenda, nonchè a subire la mutilazione e la cancellazione di diverse poesie della sua raccolta. Le recuperò quattro anni dopo, nelle successive riedizioni le poesie contestate vennero riammesse nella versione originale. Charles era uno studioso e apprezzava i libri di De Quincey, Hoffmann e Edgar Allan Poe, quest’ultimo influenzò in larga parte lo stile di Boudelaire, che diede una connotazione oscura e criptica a molte delle sue liriche. Lo stato psicofisico del poeta peggiorò verso la metà dell’ottocento, la vita dissoluta vissuta nell’incertezza, nella precarietà nello stress e in particolar modo per causa della dipendenza dal Laudano e dagli alcoolici, aggravarono notevolmente il suo stato psicofisico e sua madre fece un gesto affettuoso riaccogliendolo in famiglia. Questo cambiamento positivo e insaspettato fu definito nel suo poema “Le Voyage”, anche se quel recupero di serenità, durò solo il tempo di un sospiro dato che nel 1860 tentò nuovamente il suicidio.

Dopo quattro anni nel 1864 fu rifiutato dall’ “Academie Francaise,” allora partì alla volta di Bruxelles dove accentuò il suo malessere e peggiorò i suoi vizi e le sue dipendenze. Nei due anni successivi venne colpito da ictus e da un’afasia che gli provocò la paralisi della parte destra del corpo, nessuna cura alleviò la sua sofferenza e il 31 agosto del 1887 ricevette l’ultimo atto terreno, l’estrema unzione da parte di un sacerdote chiamato al suo capezzale. Per sommi capi e in ultima analisi, possiamo dire che Baudelaire non appartenne ad alcuna scuola, probabilmente il romanticismo insinuatosi nella sua poesia, nasceva da lui stesso, fu un precursore del simbolismo e dello sperimentalismo, che sono riflessi nelle sue poesie, certamente fu un ottimo rappresentante del decadentismo. Lo stile perfetto è alla base di tutta la sua opera, come un musicista applica l’armonia o un matematico la precisione numerica era dotato di una sensibilità pungente e dolorosa che lo rendeva spesso incomprensibile ai più tanto da venir definito folle. Fu abile ad esprimere la meraviglia degli elementi naturali e degli ambienti, rappresentò i suoi bisogni, la fantasia piu’ ardita, la frustrazione più profonda e il dialogo interiore il più intimo. In ” Perdita d’aurora,” rivela come un letterato in un casinò, possa perdere la propria “aureola” quella che nega il vizio, o accortosi della perdita abbia evitato di proposito di raccoglierla. E’ comunque l’amore in tutte le sue forme, insieme ai vizi, il tema più trattato dal poeta francese, insieme al dualismo costante e ambivalente che sfocia in passione e sofferenza. L’amore sempre presente cavalca tutta l’opera del poeta, la passione e la sofferenza sono inscindibili in ogni tratto della sua scrittura. L’autore sviluppa una sorta di misoginia nei confronti della “Femme” che viene identificata come l’incarnazione del peccato, troppo legata agli istinti che la natura le impone, poi c’è Dio costantemente in lotta con lo scrittore che si ribella, infatti Baudelaire si presta alla lode per Satana, evitando di analizzare il bene. Dopo 150 anni Charles, rimane il poeta maledetto, amato da Franco Battiato, da Serge Gainsbourg, da Diamanda Galase e da Baustelle, così la musica si accompagna al vizio, al suono, all’immaginazione, all’armonia e al cambiamento, diventando matura, volitiva o instabile, consapevole e condivisa, quindi il tempo cancella solo in parte l’emotività, che può rinascere piu’ vigorosa che mai. Buon anniversario Charles..

Maria Grazia Vannini