Giornata della Memoria 2017: la strage di Meina, sulle rive del Lago Maggiore

Serve almeno un giorno, ogni anno stabilito nel 27 gennaio, per riflettere, per rispolverare la memoria e il ricordo su uno dei crimini più atroci dell’umanità, l’Olocausto. E’ avvenuto in tempi relativamente recenti che molti di noi non hanno vissuto,  ma in ogni caso lontani dal ricordo. La Costituzione Italiana ha sancito alcuni articoli di legge che spiegano l’importanza dell’istituzione della “Giornata della Memoria”. E’ stata approvata con una legge del 20 luglio 2000, ( la N.211) che cita testualmente: Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. Nell’Articolo N. 1 si legge: “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi  si sono opposti al progetto di sterminio  ed a rischio della propria vita  hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.Tutto perchè nulla di ciò possa mai piu’ accadere. Episodi atroci che hanno coinvolto e trascinato nei campi di sterminio milioni di persone. Vorrei onorare questa giornata raccontandovi una storia realmente accaduta. Meina era un piccolo villaggio sulle rive del lago Maggiore, un luogo di lusso per persone altolocate,un luogo dove nel settembre del 1943 si rifugiarono alcune famiglie Israelite. Alcune in quel paradiso avevano le loro residenze, ville e case prestigiose e alcuni tra loro ,gli ebrei rimpatriati da Salonicco dopo l’occupazione tedesca ,abitavano in un albergo, sulle rive del Lago. Famiglie benestanti come i Fernandez, i Mosseri, i Torres, i Modiano alloggiavano all’hotel Meina, in quella tarda estate si aggiunse da Milano  la famiglia Pombassi. L’Hotel ospitava diciassette ospiti ebrei, più altri villeggianti. Arrivarono i giorni dell’armistizio, la gioia per la fine delle ostilità era nell’aria, ma nonostante la tregua già sancita alcuni motorizzati tedeschi passando da Meina, per chiudere i valichi con la Svizzera. Il 15 settembre un reparto delle SS mise alcuni presidi nei centri della riviera e si insediò con un Comando nei pressi di Baveno. Erano reduci tedeschi rientrati dal fronte russo, specializzati nella strage di ebrei. Da dove rientravano il massacro era finito, ma lì poterono esercitarlo, anche se quelli di etnia nemica erano un pugno di uomini, donne e bambini, inconsistente per mettere a punto una strage, in confronto alle uccisioni praticate in precedenza .Un plotone prese l’indirizzo dell’albergo e catturò i 17 ebrei. Chi li indirizzò proprio dove a colpo sicuro avrebbero trovato le loro prede? Tra i vicoli del paese le voci si rincorrevano, tra un sussurro e l’altro si mormorava un nome, Petacci, un nome che metteva in allarme, un nome legato a Mussolini,(l’altro dittatore). Claretta della famiglia Petacci fu la sua amante, e sembra che alcuni parenti di lei per vendicare le ironie e gli insulti del periodo di Badoglio avessero svelato il rifugio delle famiglie all’Hotel. Altre voci fecero riferimento ad un cliente di Novara, che vistosi rifiutare una stanza dall’albergatore lo avrebbe denunciato come: ebreo che avrebbe favorito altri ebrei. Comunque sia, arrivarono all’edificio i giustizieri tedeschi, sembra indossassero divise Inglesi per confondere lo scenario. Le 17 persone furono indirizzate verso un salone del terzo piano, vennero disposte sentinelle alle porte con il divieto assoluto per chiunque di avvicinarsi. Fu fatta una eccezione per una signora Milanese, di pura razza ariana, fidanzata di Pompas. Nel paese si sparse la voce della retata, molti ebrei cercarono un riparo sulla costa, ma tanti vennero catturati.Trascorse una settimana in cui i 17 sfortunati rimasero nel salone, mentre altri tedeschi ospiti dell’albergo ripresero le loro abitudini. Tempo di grandi egoismi e di grandi falsità e collusioni, le SS uomini spietati e moralmente deformi  si mostravano cortesi ed educati con gli abitanti del luogo,e criminali e infami con gli altri. Il 22 settembre giunse da Baveno un giovane ufficiale, un certo Krüger  riunì gli ospiti dell’albergo e disse: ” Stanotte trasporteremo gli ebrei in un campo di lavoro, vi prego di scusare se ci sarà un po’ di disturbo”. E impose agli ebrei tramite una interprete, la signora Rosenberg un diktat perentorio:”Stanotte partirete per un campo di lavoro a duecento chilometri da qui, rimarranno per il momento Il signor Fernandez e i suoi tre nipotini…. Troveremo per loro un mezzo di trasporto più comodo”. Quel viaggio non fu di 200 km, terminò appena fuori dal paese. I tedeschi fecero scendere tutti dalla camionetta sulle rive del lago, ordinarono agli uomini di togliersi la giacca .I nazisti erano uomini di grande esperienza, avevano una tecnica precisa e soprattutto evitavano fatiche inutili, come quella di disfarsi delle giacche dei prossimi cadaveri che avrebbero galleggiato nel lago. Li uccisero a colpi di pistola alla nuca, legarono loro delle pesanti pietre al collo, con sottili funicelle di acciaio e li buttano in acqua. Fu un lavoro notturno affrettato e spicciativo, infatti le forti correnti delle acque slegano le pietre e il giorno successivo i cadaveri riaffiorarono in superficie.  Alcuni pescatori con la barca si avvicinarono e cominciarono a trascinare i corpi. Passò un ragazza che frequentava abitualmente l’Hotel Meina: “Li conosco” disse, “lui è un Fernandez, lei è la signora Maria Mosseri”.  Arrivano alcuni carabinieri urlando :”Lasciate stare! i tedeschi non vogliono che ci occupiamo di questa faccenda, allontanatevi!!”. Nella notte fra il 23 e il 24 settembre vennero trucidati anche il nonno Fernandez insieme ai nipotini, non servirono a nulla le suppliche del vecchio, si udirono urla, pianti e spari. Intanto i cadaveri continuavano a riaffiorare dall’acqua, le SS li trucidavano a colpi di baionetta come fossero bersagli di una fiera, alla fine per sbarazzarsene definitivamente li bruciarono con i lanciafiamme. Ecco perchè “nessuno” deve dimenticare.

Maria Grazia Vannini