Economia. Nuovo centro Apple a Napoli, un segnale di speranza… Più attenzione al Mezzogiorno, è un’ urgenza

I sud del mondo, metafora della discriminante tra ricchezza e povertà, abitano ampie quote dei cinque continenti e coinvolgono bianchi, neri, gialli, in un  eclatante esempio di egoismo mondiale che i potenti esercitano con cinismo e con ogni strumento di oppressione, economico e militare. Non ne è esente l’Italia, con il suo Mezzogiorno marginale al trend del Paese, segnato dalla netta e colpevole demarcazione geografica tra centronord e sud. Negli anni che hanno preceduto e sorpassato il sessantotto, la politica e il movimento sindacale hanno esplicitato attenzione per il tema della questione meridionale con documenti, convegni, programmi elettorali, di governo, titoli anche se spesso disorganici rispetto alla domanda di riequilibrio territoriale e più volte conclusi con esiti negativi, per insipienza o malafede. Il finanziamento a fondo perduto o con tassi di interesse eccezionalmente convenienti sono finiti nel  patrimonio finanziario di multinazionali e industrie del nord senza chiedere come contropartita l’impegno a produrre nel Mezzogiorno per almeno vent’anni come hanno preteso altri e in particolare la Francia. Anno, dopo anno, i buoni propositi di intervento per il Sud  si sono rarefatti fino a sparire del tutto dall’agenda di partiti (colpevolmente della sinistra), dei governi e in qualche misura dei sindacati. Dalle regioni meridionali è ripreso il flusso migratorio in direzione dell’Italia industrializzata e dei Paesi europei in salute produttiva. Esempio clamoroso di negligenza istituzionale è in particolare Napoli: si spengono le ciminiere dei due poli industriali, a  est e a ovest. Chiudono l’Italsider, la Cementir, l’Olivetti, la Sofer, l’intero comparto produttivo, senza alcuna idea concordata di alternativa. Il processo di dismissioni azzera quasi totalmente la classe operaia e il suo ruolo di  garanzia sociale, di indispensabile promiscuità con la città dei servizi, a loro volta carenti e con la risorsa del turismo, altrettanto sottodimensionata. Ha buon gioco la criminalità, che pesca nella sofferenza sociale i suoi “militanti”, prevale l’arte di arrangiarsi e genera distorsioni e squilibri sociali. Fallisce qualche tentativo di rivitalizzare le aree deindustrializzate, trent’anni di torpore progettuale trasformano i poli  a est e ovest della città in deserti improduttivi, politica e ingegneria della progettazione si arenano per incapacità comune di utilizzare ingenti risorse destinate a delineare nuove vocazioni dei siti inoperosi. Il colpo di scena di questi giorni è targato California e firmato da Tim Cook, numero uno di Apple, la gigantesca multinazionale  che ha scelto Napoli per insediare un centro di sviluppo europeo di applicazioni per iPhone e iPad. L’operazione, in contiguità con l’università Federico II, assumerà seicento giovani, ma la prospettiva più interessante è nel potenziale volano che potrebbe favorire l’esordio di una generale vocazione per tecnologie innovative nell’aerea di Bagnoli espropriata del suo comparto industriale. E chissà che le motivazioni della Apple non diventino attrattore per altri investimenti di genere e in definitiva per riportare il titolo del Mezzogiorno in cima all’attenzione del Paese.

Luciano Scateni